La cosa più importante che Mamma e Papà possono fare è… darmi tempo e spazio!

Oggi vorrei parlare insieme a voi di un argomento che veste un ruolo importantissimo nel percorso di sviluppo di ogni bambino, ovvero l’importanza di rispettare i tempi che ciascuno di noi ha.

Sono sicuro che lo avrete sentito dire centinaia e centinaia di volte: “ogni bambino è diverso dagli altri”, “ogni bambino segue un ritmo di crescita che è solo suo”, etc.

Voglio quindi farvi una domanda: ma noi adulti rispettiamo veramente i tempi di crescita del nostro bambino?

L’arrivo di un bambino!

Un figlio stravolge completamente la vita dei suoi genitori, inondandoli di emozioni e trascinando la loro attenzione su infinite domande, aspettative, ansie, dubbi. Tutto questo (e molto altro ancora) porta la maggior parte dei genitori ad adottare, quasi inconsapevolmente, alcuni comportamenti nei confronti dei loro bambini che risultano minare la loro libertà, la loro autonomia e i loro tempi personali di sviluppo.

Quanti di noi adulti non ci siamo mai domandati: “ma perché i suoi compagni di asilo/scuola sanno già fare questo o quello e invece il mio bambino ancora non ci riesce?”

Quanti di noi adulti ci siamo ritrovati a “studiare” come dovrebbe crescere il nostro bambino su libri, articoli, video, o cercando consigli e guide nei profili social di esperti?

E quanti di noi ci siamo trovati a essere indecisi tra due giocattoli da comprare, pensando a quale tra i due potesse “stimolare” di più o essere “più utile” allo sviluppo del proprio bambino?

Già con questi tre esempi (che in linea generale non sono “sbagliati”) possiamo leggere tante aspettative, ansie, dubbi che stravolgono le linee di pensiero degli adulti e, sotto sotto, li portano inconsapevolmente a pensare “mio figlio non è in grado di farcela da solo, devo aiutarlo il più possibile trovando le risposte per lui”.

Gli esempi sopracitati di per sé non sono assolutamente degli atteggiamenti sbagliati, infatti è naturale fare un paragone con i coetanei di vostro figlio, è normale che un genitore si informi e abbia voglia di conoscere quello che capiterà al proprio bambino, così come un genitore che cerca di dare sempre il meglio.

Ma questi atteggiamenti non devono portarci ad una conclusione che possa sminuire le sue competenze e le sue potenzialità.

È il punto di arrivo del ragionamento che deve essere diverso, perché altrimenti tutto questo porta i genitori ad adottare delle risposte e dei comportamenti che rischiano di influenzare negativamente lo sviluppo del bambino, semplicemente perché sostituiscono quello che il loro bambino è, con una sua immagine ideale nella quale noi adulti proiettiamo le nostre aspettative e, pur di riuscire a raggiungerle, rischiamo di arrivare al punto di sostituirci a lui.

I fattori di crescita fondamentali: il tempo e l’esperienza!

Sicuramente la società e il contesto ambientale in cui viviamo, dove tutto scorre velocemente e gli eventi seguono un flusso dal ritmo frenetico, ci portano quasi inconsapevolmente ad assumere un ruolo di catalizzatore, di facilitatore nei confronti dello sviluppo del nostro bambino.

Dobbiamo avere ben chiaro però che il corpo e la mente umana non sono programmati e non hanno la capacità di evolvere velocemente, ma necessitano di due fattori di crescita indispensabili, il tempo e la possibilità di fare esperienza. Tempo per svilupparsi biologicamente, tempo per imparare e acquisire nuove competenze, tempo per sperimentarsi personalmente, tempo per conoscersi e scoprirsi fisicamente, mentalmente ed emotivamente, tempo per fare esperienza, sbagliare e riprovare non una, ma tante volte.

Prendiamo in considerazione il primo anno di vita: quanti cambiamenti avvengono in soli 365 giorni?

Possiamo osservare enormi miglioramenti, i più facili da vedere sono quelli in ambito motorio, relazionale e linguistico, ma questi nascondono al loro interno incredibili trasformazioni neurobiologiche e una maturazione del nostro sistema nervoso.

Anticipare delle abilità e delle tappe di sviluppo significa quindi che noi genitori stiamo andando a sovraccaricare e sovrastimolare alcune strutture neuro-biologiche del bambino che non sono ancora maturate a sufficienza, che non sono ancora pronte per determinate stimolazioni.

Inoltre, il nostro anticipare impedisce al bambino di arrivare e di padroneggiare le nuove competenze e abilità in autonomia, togliendo una bella fetta di ricchezza e significato alle esperienze che sta vivendo.

Spesso infatti, noi adulti ci iperfocalizziamo e ci ritroviamo ad attribuire una maggiore importanza ad un numero ristretto di stimolazioni, di atteggiamenti e di movimenti nel primo anno di vita, tra i quali spiccano, ad esempio, la posizione seduta, lo stare in piedi e il camminare, che forse sono gli stessi atteggiamenti che assumono una connotazione più “sociale”.

I nostri bambini però non imparano a stare seduti se li mettiamo seduti, o a stare in piedi se li mettiamo in piedi, ci sono tutta una serie di esperienze, di movimenti, di stimolazioni che trascuriamo, ma che sono propedeutici e fondamentali per la maturazione di quelle strutture neuro-biologiche che permetteranno poi al bambino di raggiungere una competenza di livello superiore.

Pensiamo anche solo al tempo che il bambino rimane sdraiato sul suo dorso è un tempo che favorisce lo sviluppo della coordinazione occhio-mano, la capacità di afferrare gli oggetti  con le dita, una continuità di interazione fra il bambino e l’adulto, oppure pensiamo al tempo che rimane sdraiato sul suo ventre è un tempo che favorisce il raddrizzamento fisiologico della colonna (dal tratto cervicale al tratto lombare), il rinforzo dei muscoli estensori, l’utilizzo sinergico di entrambi gli arti superiori come stabilizzatori della posizione.

E questi sono solo due esempi dei tanti dei quali potremmo parlare insieme, ma cosa possiamo imparare quindi da tutto questo? Che è sminuente negare ai nostri bambini una certa modalità, o un particolare movimento, solo perché noi adulti lo consideriamo “pericoloso” o riteniamo che ce ne siano altri “più giusti, più adeguati, più sicuri”.

Cosa è realmente richiesto quindi a noi genitori? Di predisporre un ambiente stimolante in cui il bambino sia libero di sperimentare ed esplorare in autonomia e sicurezza, di proporre e condividere attività e materiali adeguati alla fase di sviluppo (quindi alle competenze che il bambino in quel momento padroneggia) e di godersi la meraviglia del proprio figlio che scopre e impara come diventare grande senza lasciarsi prendere dalla famosa ansia da prestazione genitoriale.

Concludendo questo nostro momento insieme, possiamo dire in sintesi:

Quando è pronto… farà da solo!

Che possiamo tradurre in un semplice consiglio: lasciar fare al bambino solo ciò che riesce a fare da solo, senza forzarlo, ponendoci noi al suo livello, giocando insieme con lui lasciando che sia lui il conduttore e non noi, osservandolo, ascoltandolo, sintonizzandoci affettivamente con lui, supportandolo senza sostituirci a lui.

Il resto è tutto da osservare e scoprire insieme!

Per maggiori informazioni potete scrivere una email a centrolatrottola@gmail.com o visitare la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

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