Gioco e imparo: l’importanza del gioco nell’apprendimento

gioco e imparo

Cercando la parola gioco sul dizionario troviamo la seguente definizione:

Qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando capacità o ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e capacità capacità intellettive (Treccani)”.

Leggendo attentamente la definizione possiamo notare il legame intrinseco tra gioco e apprendimento.

Fino ai primi anni del Novecento, il gioco era associato alla ricreazione, un momento ai margini della giornata scolastica e confinato nel tempo libero. Con Rousseau e i pedagogisti moderni,  abbiamo assistito ad una rivoluzione. E’ stato dimostrato come il gioco libero e socializzato abbia un importante funzione nello sviluppo delle capacità creative, cognitive e relazionali. Il gioco può arrichire l’apprendimento e aiuta a sviluppare competenze indispensabili per la vita: “come il bambino vive il gioco così si atteggia di fronte alla vita”.

L’importanza del gioco è tale che anche la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza riconosce, con l’articolo 31, il diritto del fanciullo non solo al riposo e al tempo libero, ma anche al gioco e alle attività ricreative.

Piaget ha individuato 4 tappe evolutive del gioco:

  • Giochi di esercizio (0 -24 mesi): prevalgono nel primo anno di vita, nella fase cosiddetta “senso-motoria”. Il bambino, attraverso l’afferrare, il dondolare, il portare alla bocca gli oggetti, l’aprire e chiudere le mani o gli occhi, impara a controllare i movimenti e a coordinare i gesti.
  • Giochi simbolici (2 – 7 anni): i bambini aggiungono all’esercizio la dimensione della simbolizzazione e della finzione, cioè la capacità di rappresentare attraverso gesti una realtà non attuale. L’esempio tipico è il gioco del far finta, del fare “come se“. Secondo Piaget il gioco simbolico permette la manipolazione e anche la produzione di immagini mentali durante i quali il bambino assimila situazioni nuove.
  • Giochi di regole (7 – 11 anni): dapprima sono imitazioni del gioco dei bambini più grandi, mentre poi si vanno organizzando spontaneamente caratterizzando la socializzazione del bambino. Mentre i giochi precedenti tendono a diminuire con l’età, i giochi di regole, diventano più frequenti, dimostrando l’importanza delle relazioni e del codice sociale.
  • Giochi di costruzione (dagli 11 anni in su): in questa fase si attua un passaggio alla codifica della regola e alla logica formale e alle operazioni di separazione e classificazione.

Il gioco in tutte le sue forme ha una valenza educativa. Attraverso il gioco il bambino impara:

  • a conoscere il mondo;
  • a sperimentare il valore delle regole;
  • la reciprocità, sviluppando così capacità relazionali e cooperative;
  • a conoscere e a stare con gli altri;
  • a gestire le proprie emozioni;
  • l’autonomia;
  • a sperimentare per tentativi ed errori la realtà, sviluppando la capacità di problem solving.

Partendo da queste considerazioni bisogna sfruttare al massimo la dimensione ludica per poter concretizzare un apprendimento significativo, soprattutto nei primi gradi di istruzione, nella fascia d’età che va dai 3 ai 10 anni.

Ad oggi ancora molti genitori ed insegnanti pensano che l’apprendimento sia strettamente collegato a lunghe esercitazioni scritte e studio sui libri. Quest’idea, tuttavia, non tiene conto della vera essenza dei bambini. Inoltre da una ricerca effettuata nel 2011, che prendeva in considerazione bambini di diverse etnie provenienti da Stati Uniti, Australia e Norvegia, che il gioco ha un ruolo fondamentale nel migliorare l’apprendimento.

Ma come fare per sfruttare l’attività ludica al fine di favorire l’apprendimento? Il gioco va preparato e organizzato.

Esiste una forma particolare di gioco, chiamato guided play, che si si rivela utile nell’insegnamento. E’ il gioco in cui è l’adulto che introduce il gioco e ne indirizza il processo didattico, accompagnando il bambino verso la scoperta e l’acquisizione degli obiettivi precedentemente definiti (Skolnik Weisberg).

L’adulto ha un ruolo da regista, esso indfatti:

  • introduce e sollecita l’attività ludica;
  • stabilisce obiettivi educativo-didattici;
  • guida l’attività partecipando esso stesso al gioco, oppure ponendo domande;
  • monitora i progressi del bambino.

Il bambino, d’altro canto deve percepire che i risultati dipendono dal proprio sforzo, in questo modo può migliorare la propria soddisfazione e il senso di autoefficacia.

L’adulto non deve però imporsi, il bambino deve rivestire un ruolo centrale.

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