Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

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Respirazione

Stiamo pian piano iniziando ad uscire da quello che probabilmente potrà essere definito come uno dei periodi più bui della storia mondiale: la pandemia lascia dietro di sé una scia pesante da trascinare e dentro di noi rimane la paura e lo sconcerto del periodo appena vissuto, ma anche una nuova consapevolezza e un ritrovato senso di responsabilità al quale forse tutti volevamo rimanere all’oscuro.

Cambiare le abitudini consolidate da una vita non è mai facile: tendiamo ad essere abitudinari ed esplorare nuove realtà o conoscere nuovi mondi, delle volte ci mette paura. Ed è per questo che il mondo che sta cambiando, che pian piano si sta riadattando alle nuove misure e leggi, ci spaventa, ci rende preoccupati per il futuro.

Il nuovo virus SARS-COVID-19 ci ha trovati impreparati, ci ha tolto gli affetti più cari, ci ha tolto il calore umano di un abbraccio di una persona amica, ha stravolto completamente le nostre abitudini e il nostro modo di vivere, e ci ha anche tolto il respiro nel vero senso della parola.

Mai come ora il respiro è considerato un aspetto fondamentale per la nostra salute: poter respirare, godere di buona salute, essere in un posto sicuro, da sempre dati per scontati e mai ritenuti così importanti.

La respirazione è considerata pilastro base del nostro benessere psico-fisico, sin dalle più antiche tradizioni culturali: ritroviamo il perno della respirazione in pratiche come lo yoga con la respirazione pranayama, il pilates, la meditazione, le tecniche di apnea sportiva ecc.

Una corretta respirazione aiuta ad alleviare stress, ansia, disturbi psico-somatici e contribuisce a ritrovare l’equilibrio psico-fisico migliorando la qualità della nostra vita.

La respirazione inoltre è la base essenziale per avere una buona qualità della voce.

Entriamo ora nel dettaglio di come funziona la meccanica respiratoria, cioè di tutti quei movimenti e passaggi necessari per portare a termine un corretto e funzionale atto respiratorio.

RESPIRIAMO: la meccanica respiratoria

La funzione della respirazione è di fornire ossigeno ai tessuti ed eliminare dall’organismo l’anidride carbonica che si forma in seguito al metabolismo.

In particolare la meccanica respiratoria è un complesso atto motorio nel quale intervengono tutte le forze implicate nel mantenere in posizione il polmone e la gabbia toracica, e nel determinarne il movimento durante l’atto respiratorio.

Possiamo dividere il complesso meccanismo della respirazione in due fasi:

  • Inspirazione: fase di presa d’aria la quale entra nei polmoni
  • Espirazione: fase di uscita dell’aria dai polmoni

Durante la fase dell’inspirazione il polmone si espande, seguendo l’aumento di volume della gabbia toracica, ottenuto per contrazione dei muscoli inspiratori (tra cui il diaframma che in questa fase si contrae e si “abbassa” consentendo l’aumento del volume intratoracico), che compiono un lavoro per vincere le forze di retrazione elastica del polmone. Nell’inspirazione le spalle e il collo rimangono abbassati e rilassati, le coste si innalzano e il diaframma si contrae: visualizzando un’immagine molto semplice è come se la nostra pancia si gonfiasse come un palloncino e tutto il resto rimanesse inalterato.

Successivamente a questa prima fase abbiamo la fase dell’espirazione: è un fenomeno passivo, associato al rilasciamento della muscolatura inspiratoria, all’innalzamento del diaframma e all’abbassamento delle coste.

Quando la muscolatura si rilascia il sistema toraco-polmonare torna al volume di partenza (punto di equilibrio) grazie al prevalere delle forze di retrazione elastica del polmone. In questa fase la nostra pancia, che nell’inspirazione si era gonfiata come un palloncino, ora si sgonfia e ritorna allo stato di normalità.

La meccanica respiratoria appena descritta qui sopra è la spiegazione di una respirazione di tipo costo-diaframmatico; non sempre però la respirazione di ogni individuo è di tipo costo-diaframmatico.

Con l’avanzare dell’età (età adulta), a causa dello stress o di altri eventi per il singolo particolarmente toccanti, la respirazione può modificarsi in modo temporaneo oppure permanente, permettendo l’instaurarsi di una meccanica respiratoria di tipo sterno-costale che prevede l’innalzamento della parte sterno-toracica (innalzo le spalle) o addirittura paradossa (inversione del meccanismo di inspirazione-espirazione), due respirazioni definite disfunzionali.

È bene essere consapevoli della propria meccanica respiratoria per migliorare la percezione del proprio corpo, per avere una migliore ossigenazione generale e per rendersi conto di quando c’è qualcosa che non va in questo particolare processo.

Intraprendere un percorso per correggere la meccanica respiratoria qualora essa fosse compromessa migliora la qualità della vita, aiuta ad avere una miglior prestazione non che qualità vocale e incrementa le prestazioni sportive.

RESPIRIAMO: esercizi respiratori

Numerosissime sono le tecniche di rilassamento molte delle quali alla base prevedono una respirazione di tipo costo-diaframmatico. Gli esercizi respiratori sono largamente impiegati dai logopedisti per la riabilitazione della voce, vengono usati dai maestri di canto o di dizione per l’allenamento vocale e canoro, ma sono anche alla base di discipline come lo yoga e il pilates.

Ed è proprio dallo yoga che attingiamo oggi per imparare alcuni semplici esercizi di respirazione pranayama.

Inspirazione costo-diaframmatica

Esegui il seguente esercizio comodamente sdraiato in un ambiente tranquillo, se vuoi tieni gli occhi chiusi.

  1. Inspira lentamente con il naso (3-4 secondi)
  2. La pancia si gonfia
  3. Espira dalla bocca molto lentamente
  4. La pancia pian piano si sgonfia

Se sei sdraiato noterai che durante l’inspirazione la pancia sale e durante l’espirazione la pancia scende. Per aiutarti a percepire il corretto movimento puoi appoggiare le mani sull’addome oppure appoggiare un libro leggero e osservare il “sali-scendi”.

Ripeti l’esercizio circa 10 volte.

Attenzione: dopo aver concluso l’esercizio girati su un fianco, dopo qualche secondo mettiti seduto ed infine alzati. Potresti avvertire dei capogiri, non preoccuparti, è una conseguenza dell’iper-ossigenazione che arriva alla tua testa.

Inspirazione quadrangolare

Esegui il seguente esercizio comodamente sdraiato in un ambiente tranquillo, se vuoi tieni gli occhi chiusi. Immagina di ripercorrere i lati di un quadrato partendo dall’angolo in alto a sinistra poi percorri in senso orario tutti i lati uno dopo l’altro:

  1. Inspira lentamente con il naso per 4 secondi (la pancia si gonfia)
  2. Trattieni il respiro per 4 secondi (fase di apnea piena)
  3. Espira dalla bocca molto lentamente (la pancia pian piano si sgonfia)
  4. Trattieni il respiro per 4 secondi (fase di apnea vuota)

Ripeti l’esercizio per circa 10 volte.

Attenzione: dopo aver concluso l’esercizio girati su un fianco, dopo qualche secondo mettiti seduto ed infine alzati. Potresti avvertire dei capogiri, non preoccuparti, è una conseguenza dell’iper-ossigenazione che arriva alla tua testa.

Spero che questa piccola guida possa esserti stata utile per comprendere al meglio l’importanza di una corretta respirazione.
Per dubbi, chiarimenti o maggiori informazioni in merito, la nostra Logopedista, Dott.ssa Nicole Baresi, potrà offrirvi consulenze personalizzate per i vostri problemi di voce o relativi alla meccanica della respirazione, contattando il numero 331 221 2505 o scrivendo un’email a centrolatrottola@gmail.com.

Adulto nel gioco

“Il gioco è realizzazione dei desideri, è rispetto di regole,
conoscenza e negazione della realtà,
è piacere ma anche norma,
è progetto e esercizio”.
(Riccardo Massa)

Nei nostri precedenti articoli abbiamo visto quanto sia incidente ed importante il gioco per un corretto sviluppo neurofisiologico. I nostri bambini giocando esplorano la realtà in lungo e in largo, cominciano a prendere consapevolezza di loro stessi, del proprio corpo, delle proprie emozioni, incontrano l’altro e scoprono i propri limiti. Il gioco è una palestra per gli apprendimenti motori, cognitivi, affettivi e relazionali, è il lavoro preferito dai bambini, perché giocando crescono.

Giocare è tempo buttato tra un impegno e l’altro?

Oggigiorno ci troviamo in una società che impone dei ritmi frenetici, sia per gli adulti nel loro ambito professionale, sia per i bambini oramai abituati ad essere sopraffatti da molteplici attività da fare durante la settimana. Tutta questa frenesia e questo incessante passare da un’attività all’altra lascia ben poco spazio da dedicare al gioco poiché il bambino è troppo impegnato a cercare di rispettare tutti gli impegni fissati sulla sua agenda settimanale.

Per noi adulti è importante che nostro figlio arrivi in tempo, se pur trafelato dall’impegno precedente, a tutte le attività che con grande cura e sacrificio abbiamo organizzato per lui, come conseguenza di questa fitta organizzazione i bambini di oggi si ritrovano con poco tempo da dedicare alla possibilità di giocare liberamente. Se a questa situazione aggiungiamo anche un significativo aumento della disponibilità di tecnologia che arriva a influenzare pesantemente la quotidianità del contesto familiare allora quel poco tempo libero che rimaneva viene speso subendo l’influenza dei dispositivi elettronici.

Iniziamo quindi ad intuire l’importanza che la figura genitoriale riveste in questo contesto e come il problema non sia tanto l’assenza del genitore, quanto, invece, le modalità con cui egli vive la sua presenza e le modalità attraverso la quale si rapporta con i propri bambini.

Che ruolo gioca allora l’adulto nel gioco del bambino?

La capacità di giocare è insita, connaturata nell’essere umano, un bambino quindi è benissimo in grado di giocare autonomamente, noi adulti quindi rivestiamo solamente un ruolo marginale di osservatore oppure possiamo intervenire e metterci in gioco anche noi? E quanto possiamo intervenire e in che modo?

Se abbiamo veramente compreso l’importanza che il momento del gioco può avere per i nostri figli allora le domande che ci siamo appena posti nascono spontanee anche in noi.

In molti hanno studiato la figura dell’adulto nel mondo ludico del bambino, tra i più citati ricordiamo Vygotsky e Bruner, secondo i quali la figura genitoriale, intesa come “scaffolding”, è quella persona in grado di sostenere e accompagnare il bambino nelle sue attività, finché egli non è in grado di praticarle in autonomia. Gli autori hanno studiato come la presenza dell’adulto nel momento del gioco implichi una serie di azioni più impegnative, simboliche e meno ripetitive rispetto al gioco effettuato in autonomia. Il bambino, giocando insieme all’adulto, apprende diversi modi più complessi di giocare che lo porteranno nel tempo ad attuare in autonomia queste modalità cognitivamente più alte.

Giocare per davvero!

Dobbiamo innanzitutto comprendere una cosa molto importante: per giocare con un bambino non è sufficiente il far finta di giocare, magari mentre abbiamo in mente i nostri problemi al lavoro, o le faccende di casa o mentre guardiamo la TV, perché il bambino è in grado di percepire il grado di coinvolgimento dell’altro.

Per rapportarci al meglio con i piccoli è indispensabile che l’adulto riscopra e torni a vivere la propria dimensione infantile che ha dentro di sé, che torni ad essere un po’ bambino, non per finta, ma per davvero. Un bambino reagisce con forte entusiasmo ed emozione di fronte alla disponibilità della propria mamma o del proprio papà al gioco, quel momento condiviso diventa quindi un’importantissima occasione per poter costruire un legame di intimità e comunicazione profonda, aumentando il senso di sicurezza e protezione del bambino.

L’educazione al gioco!

L’adulto assume un altro importante ruolo, quello dell’educazione al gioco, ovvero dell’insegnare al bambino che per potersi divertire non ha bisogno di utilizzare tanti giochi tutti insieme, di solito lasciati tutti in disordine nella stanza, ma che scegliere il gioco con cui cimentarsi in quel momento è sufficiente e ci permetterà di divertirci insieme. Non è quindi doveroso che il bambino abbia a disposizione una vasta scelta di giocattoli, anzi spesso averne troppi rischia di diventare una fonte di distrazione, piuttosto è essenziale che questi siano adatti alla sua età, che non anticipino i tempi e che siano in grado di provocare l’interesse, la fantasia e il bisogno del bambino in base al suo livello di sviluppo, a quello che è in grado di fare.

Predisporre l’ambiente!

E’ importante quindi che l’adulto sia in grado di predisporre l’ambiente al gioco, scegliendo i giochi adatti da proporre e creando le condizioni ambientali ottimali per lo svolgimento delle attività di gioco, in modo da concedere al bambino la massima libertà di sperimentazione e scoperta delle proprie competenze, la possibilità di scaricare le sue tensioni e di poter esprimere tutto il suo mondo di emozioni.

Giocare insieme ai propri figli: suggerimenti e consigli utili

Il compito fondamentale dell’adulto è facilitare il gioco dei bambini, sostenerlo, organizzarlo ed arricchirlo consentendo sempre al bambino di mantenerne la guida. Vediamo qualche consiglio per poterlo fare nel modo più rispettoso possibile della circostanza ludica condivisa che si sta creando con i tuoi bambini.

  1. Preparate un ambiente adeguato: privatevi di distrazioni, spegnete la TV e allontanate i cellulari, preparate e organizzate lo spazio in base all’età del bambino, allontanate materiali pericolosi, ricoprite gli spigoli nella stanza, proponete dei giochi adeguati che non anticipino le competenze e le abilità del bambino.
  2. Osservate il gioco libero: ogni bambino è diverso dagli altri, avrà le sue preferenze, attività in cui è più abile ed altre in cui si sente meno sicuro. Osservare i suoi momenti di gioco libero ci permette di conoscere di più il bambino che abbiamo davanti e sapere quindi quali materiali e attività proporre al bambino per stimolare maggiormente il suo interesse.
  3. Dimostratevi realmente interessati: siate interessati alle attività scelte, parlate e discutete insieme al bambino del gioco che state facendo,  se il bambino è troppo piccolo descrivete voi ad alta voce il gioco e la sua dinamica, arricchite verbalmente l’attività.
  4. Incoraggiate ad esplorare e sperimentare nuovi materiali: incoraggiate alla scoperta e all’utilizzo di nuovi materiali, sempre lasciandoli liberi di farlo a modo loro. Noi adulti abbiamo già interiorizzato il nostro personale modo di scoprire qualcosa di nuovo e quasi sicuramente la modalità che il bambino utilizzerà sarà diversa dalla nostra, ciò non vuol dire però che il bambino stia sbagliando, lasciamolo scoprire le sue strategie da sé.
  5. Non intervenite o interferite con l’attività se non c’è un effettivo bisogno: impariamo a lasciare ai bambini tutta l’autonomia di cui son capaci. Noi adulti siamo già capaci di giocare, ma i nostri bambini stanno sperimentando cosa significa proprio in quel momento, togliere loro la soddisfazione di fare nuove scoperte in prima persona significa privarli di autonomia e sicurezza in sé stessi. Dobbiamo imparare a trattenerci dal fare noi, dal sostituirci al posto dei bambini e dare quindi loro fiducia, spazio e tempo per potersi cimentare in tante situazioni nuove. Essere presente, disponibile, attento ed interessato senza interferire o sostituirsi al bambino è la cosa più difficile da imparare a fare per noi adulti.
  6. Lasciate la possibilità di sbagliare, anche diverse volte: chi di noi non ha mai sbagliato, chi di noi non continua a sbagliare? Perché privare i nostri bambini di questa enorme possibilità d’apprendimento? Il processo di raggiungimento spesso acquista maggior significato della soluzione finale. Diamo autonomia e fiducia ai piccoli, incoraggiateli, siate disponibili, siate pronti ad aiutare, date il vostro supporto, ma senza togliere al bambino il bello del fare da solo pur sbagliando più volte.
  7. Arricchite l’attività nei momenti giusti: suggerite nuove idee, portate una modifica al setting, all’organizzazione, descrivete verbalmente ciò che sta facendo, lasciando la libertà al bambino di accogliere o no la vostra modifica e lasciando a lui l’iniziativa e la conduzione del gioco.
  8. Evitate di interrompere il gioco se non è assolutamente necessario: mettete a disposizione un tempo adeguato per l’attività e cercate di non interrompere il gioco se non è necessario; per partecipare alle routine familiari va bene interromperlo, ma sempre con un opportuno preavviso. Non interrompete un’attività che è condotta dal bambino per proporne una condotta da voi perché la trovate più interessante per voi, piuttosto cercate di integrarvi nella sua attività, arricchitela e costruite una nuova attività che sia bella e interessante per entrambi.
  9. Evitate di distrarvi: un adulto distratto dal telefono, dalla televisione o dalla presenza di altri adulti non sarà mai coinvolto adeguatamente nella condivisione di quel momento di gioco e il proprio bambino sarà in grado di sentire tutta la distrazione che un adulto mette in gioco con lui.
  10. Mettetevi in gioco seriamente: giocate insieme al vostro bambino, questo implicherà per forza che vi dobbiate porre fisicamente al loro livello, abbassatevi a terra con lui, rotolatevi insieme a lui, guardatevi dritti negli occhi! Un adulto che gioca a terra in ginocchio, che guarda un bambino diritto negli occhi non è meno uomo o meno donna, al contrario, è un adulto che non ha smesso di crescere perché è in grado di mettere in gioco sé stesso fino in fondo.

Spesso parlando con alcuni genitori li si sente ammettere di non sapere proprio come giocare con i propri figli e di sentirsi anche quasi a disagio nel farlo e per questo la TV, i videogiochi e lo smartphone prendono il loro posto come compagni di giochi dei loro bambini.

Eppure giocare è semplice, tutti lo sappiamo fare, nessuno escluso, lasciatevi andare e siate spontanei, siate voi stessi, liberate la mente da ogni pensiero e ritrovate il bambino che eravate, scoprirete che quel vostro mondo interiore in realtà non si è mai spento!

Siete pronti a tornare a divertirvi giocando? Ora tocca a voi mettervi in gioco: siate curiosi e divertitevi!

Leggendo l’articolo avete avuto domande, dubbi o necessità di un confronto?

Contattaci per avere ulteriori informazioni!

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

disturbo d'ansia

Settembre: il sole inizia a tramontare presto e il vento freddo delle ore serali costringe a indossare una giacca. Il ricordo dei giorni trascorsi in riva al mare si affievolisce lasciando spazio ad un altro pensiero: l’inizio della scuola.

L’attesa per la ripresa delle attività scolastiche si accompagna spesso a diversi stati emotivi, in alcuni casi può suscitare rabbia o tristezza per la perdita delle ore di gioco e spensieratezza, in altri gioia nel rivedere amici e insegnanti salutati nei mesi precedenti, ma in altri ancora può suscitare intensi stati d’angoscia con preoccupazioni eccessive riguardanti la corretta esecuzione dei compiti, l’arrivo del materiale in tempo o il giusto orario di avvio delle lezioni.

In questi ultimi casi il vissuto del bambino è costellato dalla continua incertezza di aver svolto i suoi doveri in modo corretto e dal terrore di ricevere una punizione o un giudizio negativo dagli adulti di riferimento e dai compagni di classe. Spesso, a un tale stato d’angoscia, il bambino reagisce mettendo in atto azioni compensatorie come ricontrollare più e più volte il lavoro svolto, verificare la presenza dei materiali richiesti, avvisi e comunicazioni da parte della scuola, oppure contattando i compagni per confrontarsi e cercare conferma di ciò che è stato richiesto. I tentativi di placare l’ansia possono coinvolgere l’intero nucleo familiare alterando significativamente il funzionamento quotidiano di tutti i membri.

Quando ciò si verifica è possibile iniziare a parlare di Disturbo d’Ansia Generalizzato, che in ambito scolastico può assumere la forma di disturbo d’ansia scolastica o da prestazione.

Il disturbo d’ansia scolastica: di cosa si tratta e quando insorge

Il disturbo d’ansia può insorgere in qualsiasi momento della vita scolastica del bambino: in concomitanza ad un aumento delle difficoltà, un cambiamento dell’assetto familiare o dell’ambiente scolastico, oppure in conseguenza ad un evento spiacevole, come una sgridata o una punizione, non adeguatamente elaborato sul piano emotivo e cognitivo.

L’ ansia scolastica nasce dall’estremizzazione del normale desiderio di essere amati e ammirati e dalla paura di essere rifiutati e ridicolizzati.

Per il bambino ansioso anche un minimo fallimento può portare a conseguenze catastrofiche sul piano relazionale come l’allontanamento da parte dei compagni e la perdita dell’interesse di genitori e insegnanti. Essa racchiude la paura dell’insuccesso, del giudizio negativo e il timore di non essere capaci di superare la prova che si deve affrontare.

L’aspetto centrale di questo disturbo è la presenza di uno stato d’ansia fluttuante e pervasiva che può nascere in risposta a un evento esterno o a pensieri intrusivi, ma che non si associa a specifiche situazioni ambientali (Strepparava, Iacchia, 2012). Per esempio il bambino può avere il timore di non aver preparato bene la cartella, quando in realtà non gli è mai accaduto di dimenticare del materiale.

Il contenuto dei pensieri è legato al timore di non aver fatto le cose bene o che qualcosa andrà storto e il bisogno fondamentale è ricevere rassicurazioni sul fatto che le cose sono state eseguite o verranno eseguite bene, e tutto andrà nel migliore dei modi (Lambruschi, Fabbri, 2004a). Il contenuto dei pensieri ha inizio sempre con “E se…”

I bambini che ne soffrono appaiono spesso tesi, preoccupati per il loro comportamento o per ciò che avviene intorno e chiedono costanti rassicurazioni alle persone vicine. Essi hanno come la sensazione che qualcosa di terribile stia per accadere, come una disgrazia o una malattia, che possa colpire loro o le persone più care (quasi sempre i genitori).

L’incremento dello stato d’ansia altera, sia nei bambini che negli adulti, la capacità di percepire e descrivere in modo lucido ciò che realmente pensano o provano, incrementando ulteriormente lo stato d’ansia e la sensazione di perdita di controllo che portano allo sviluppo del circolo vizioso dell’ansia.

Il disturbo può accompagnarsi a importanti manifestazioni somatiche come mal di testa, tremori, pianti, mente offuscata, mal di stomaco, tensione muscolare, difficoltà ad addormentarsi, crisi di panico e nei casi più gravi vomito, febbre e rifiuto persistente di andare a scuola.


Il trattamento dell’ansia: psicoterapia e suggerimenti per i genitori

Molto spesso genitori e insegnanti tendono a sottovalutare il disturbo d’ansia considerando i comportamenti del bambino come il frutto di capricci o mancanza di voglia; ma è bene evidenziare che i sintomi ansiosi, se trascurati, tendono ad aumentare e a cronicizzarsi.

Per questo motivo è importante attivarsi con un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale, il cui obiettivo è di incrementare la consapevolezza dei reali timori che si nascondono dietro i pensieri intrusivi e la capacità di gestire efficacemente gli stati emotivi ansiosi.

Il buon esito di una psicoterapia non può però prescindere dall’aiuto del contesto familiare che dovrà cercare di evitare il crearsi di un clima ansioso in famiglia o di aspettative eccessive nei confronti delle prestazioni scolastiche.

I genitori, quali massimi esperti nella conoscenza del proprio figlio, possono alleviare i suoi stati ansiosi seguendo alcuni piccoli suggerimenti:

  • distraete i vostri piccoli dall’ansia coinvolgendoli in qualche attività divertente;
  • evitate di sottolineare errori o difetti nei vostri figli, ricordate: nessuno è perfetto!
  • evitate commenti sarcastici o previsioni catastrofiche, il coraggio e l’ottimismo sono contagiosi come la paura e l’ansia;
  • affidate ai bambini qualche piccolo lavoretto domestico: una delle migliori risposte all’ansia è un sentimento di competenza, un senso di autostima per ciò che si sa fare;
  • evitate di lasciarli davanti agli schermi quando ci sono scene impressionanti o notizie tragiche;
  • ricordatevi inoltre che una storiella raccontata da voi prima di andare a dormire li tranquillizza e li prepara al sonno meglio di qualsiasi video.

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Presso il Centro la Trottola si effettuano valutazioni psicodiagnostiche e trattamenti psicoterapeutici per tutte le tipologie di Disturbo d’Ansia.

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