Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

Guarda la brochure

Oggi vorrei parlare insieme a voi di un argomento che veste un ruolo importantissimo nel percorso di sviluppo di ogni bambino, ovvero l’importanza di rispettare i tempi che ciascuno di noi ha.

Sono sicuro che lo avrete sentito dire centinaia e centinaia di volte: “ogni bambino è diverso dagli altri”, “ogni bambino segue un ritmo di crescita che è solo suo”, etc.

Voglio quindi farvi una domanda: ma noi adulti rispettiamo veramente i tempi di crescita del nostro bambino?

L’arrivo di un bambino!

Un figlio stravolge completamente la vita dei suoi genitori, inondandoli di emozioni e trascinando la loro attenzione su infinite domande, aspettative, ansie, dubbi. Tutto questo (e molto altro ancora) porta la maggior parte dei genitori ad adottare, quasi inconsapevolmente, alcuni comportamenti nei confronti dei loro bambini che risultano minare la loro libertà, la loro autonomia e i loro tempi personali di sviluppo.

Quanti di noi adulti non ci siamo mai domandati: “ma perché i suoi compagni di asilo/scuola sanno già fare questo o quello e invece il mio bambino ancora non ci riesce?”

Quanti di noi adulti ci siamo ritrovati a “studiare” come dovrebbe crescere il nostro bambino su libri, articoli, video, o cercando consigli e guide nei profili social di esperti?

E quanti di noi ci siamo trovati a essere indecisi tra due giocattoli da comprare, pensando a quale tra i due potesse “stimolare” di più o essere “più utile” allo sviluppo del proprio bambino?

Già con questi tre esempi (che in linea generale non sono “sbagliati”) possiamo leggere tante aspettative, ansie, dubbi che stravolgono le linee di pensiero degli adulti e, sotto sotto, li portano inconsapevolmente a pensare “mio figlio non è in grado di farcela da solo, devo aiutarlo il più possibile trovando le risposte per lui”.

Gli esempi sopracitati di per sé non sono assolutamente degli atteggiamenti sbagliati, infatti è naturale fare un paragone con i coetanei di vostro figlio, è normale che un genitore si informi e abbia voglia di conoscere quello che capiterà al proprio bambino, così come un genitore che cerca di dare sempre il meglio.

Ma questi atteggiamenti non devono portarci ad una conclusione che possa sminuire le sue competenze e le sue potenzialità.

È il punto di arrivo del ragionamento che deve essere diverso, perché altrimenti tutto questo porta i genitori ad adottare delle risposte e dei comportamenti che rischiano di influenzare negativamente lo sviluppo del bambino, semplicemente perché sostituiscono quello che il loro bambino è, con una sua immagine ideale nella quale noi adulti proiettiamo le nostre aspettative e, pur di riuscire a raggiungerle, rischiamo di arrivare al punto di sostituirci a lui.

I fattori di crescita fondamentali: il tempo e l’esperienza!

Sicuramente la società e il contesto ambientale in cui viviamo, dove tutto scorre velocemente e gli eventi seguono un flusso dal ritmo frenetico, ci portano quasi inconsapevolmente ad assumere un ruolo di catalizzatore, di facilitatore nei confronti dello sviluppo del nostro bambino.

Dobbiamo avere ben chiaro però che il corpo e la mente umana non sono programmati e non hanno la capacità di evolvere velocemente, ma necessitano di due fattori di crescita indispensabili, il tempo e la possibilità di fare esperienza. Tempo per svilupparsi biologicamente, tempo per imparare e acquisire nuove competenze, tempo per sperimentarsi personalmente, tempo per conoscersi e scoprirsi fisicamente, mentalmente ed emotivamente, tempo per fare esperienza, sbagliare e riprovare non una, ma tante volte.

Prendiamo in considerazione il primo anno di vita: quanti cambiamenti avvengono in soli 365 giorni?

Possiamo osservare enormi miglioramenti, i più facili da vedere sono quelli in ambito motorio, relazionale e linguistico, ma questi nascondono al loro interno incredibili trasformazioni neurobiologiche e una maturazione del nostro sistema nervoso.

Anticipare delle abilità e delle tappe di sviluppo significa quindi che noi genitori stiamo andando a sovraccaricare e sovrastimolare alcune strutture neuro-biologiche del bambino che non sono ancora maturate a sufficienza, che non sono ancora pronte per determinate stimolazioni.

Inoltre, il nostro anticipare impedisce al bambino di arrivare e di padroneggiare le nuove competenze e abilità in autonomia, togliendo una bella fetta di ricchezza e significato alle esperienze che sta vivendo.

Spesso infatti, noi adulti ci iperfocalizziamo e ci ritroviamo ad attribuire una maggiore importanza ad un numero ristretto di stimolazioni, di atteggiamenti e di movimenti nel primo anno di vita, tra i quali spiccano, ad esempio, la posizione seduta, lo stare in piedi e il camminare, che forse sono gli stessi atteggiamenti che assumono una connotazione più “sociale”.

I nostri bambini però non imparano a stare seduti se li mettiamo seduti, o a stare in piedi se li mettiamo in piedi, ci sono tutta una serie di esperienze, di movimenti, di stimolazioni che trascuriamo, ma che sono propedeutici e fondamentali per la maturazione di quelle strutture neuro-biologiche che permetteranno poi al bambino di raggiungere una competenza di livello superiore.

Pensiamo anche solo al tempo che il bambino rimane sdraiato sul suo dorso è un tempo che favorisce lo sviluppo della coordinazione occhio-mano, la capacità di afferrare gli oggetti  con le dita, una continuità di interazione fra il bambino e l’adulto, oppure pensiamo al tempo che rimane sdraiato sul suo ventre è un tempo che favorisce il raddrizzamento fisiologico della colonna (dal tratto cervicale al tratto lombare), il rinforzo dei muscoli estensori, l’utilizzo sinergico di entrambi gli arti superiori come stabilizzatori della posizione.

E questi sono solo due esempi dei tanti dei quali potremmo parlare insieme, ma cosa possiamo imparare quindi da tutto questo? Che è sminuente negare ai nostri bambini una certa modalità, o un particolare movimento, solo perché noi adulti lo consideriamo “pericoloso” o riteniamo che ce ne siano altri “più giusti, più adeguati, più sicuri”.

Cosa è realmente richiesto quindi a noi genitori? Di predisporre un ambiente stimolante in cui il bambino sia libero di sperimentare ed esplorare in autonomia e sicurezza, di proporre e condividere attività e materiali adeguati alla fase di sviluppo (quindi alle competenze che il bambino in quel momento padroneggia) e di godersi la meraviglia del proprio figlio che scopre e impara come diventare grande senza lasciarsi prendere dalla famosa ansia da prestazione genitoriale.

Concludendo questo nostro momento insieme, possiamo dire in sintesi:

Quando è pronto… farà da solo!

Che possiamo tradurre in un semplice consiglio: lasciar fare al bambino solo ciò che riesce a fare da solo, senza forzarlo, ponendoci noi al suo livello, giocando insieme con lui lasciando che sia lui il conduttore e non noi, osservandolo, ascoltandolo, sintonizzandoci affettivamente con lui, supportandolo senza sostituirci a lui.

Il resto è tutto da osservare e scoprire insieme!

Per maggiori informazioni potete scrivere una email a centrolatrottola@gmail.com o visitare la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

mutismo selettivo

Il Mutismo Selettivo (MS) è un disturbo complesso legato all’ansia, caratterizzato dall’impossibilità per un bambino di esprimersi e comunicare in modo rilassato in alcuni contesti sociali.

Il MS rientra nella grande categoria dei Disturbi d’Ansia, non è la conseguenza di un evento traumatico, né un disturbo del linguaggio o una forma di autismo. Può manifestarsi nei bambini ma anche negli adolescenti e in età adulta, in questi ultimi casi si inizia a parlare anche di Disturbo d’Ansia Sociale.

Chi ne soffre, tipicamente, riesce a parlare con i familiari più stretti, mentre si blocca davanti a persone estranee o in contesti sociali dove sono presenti molte persone; sono inoltre particolarmente sensibili agli sguardi altrui. La mancanza di comunicazione non è un gesto oppositivo o punitivo nei confronti degli altri: chi soffre di MS vorrebbe poter parlare come tutti gli altri, ma l’ansia e il timore del giudizio ferma le parole in gola. Questo sintomo è un mezzo per mantenere il controllo delle emozioni e deve essere inteso come la manifestazione di uno stato d’ansia e della difficoltà nel gestire le proprie emozioni.

Spesso i genitori faticano ad accettare la fatica espressiva dei propri figli, ritengono che la mancata parola sia intenzionale e invitano i bambini a parlare dietro ricompense o punizioni. Tali atteggiamenti potrebbero però sortire l’effetto opposto portando il bambino a chiudere le comunicazioni anche con le poche persone con cui prima parlava, davanti a questo aggravamento si inizia a parlare di Mutismo Progressivo.

Criteri diagnostici del Mutismo Selettivo secondo il DSM-V

Secondo il DSM-V, il MS selettivo consiste nell’incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che il bambino/ragazzo parli, nonostante sia in grado di farlo in altre situazioni.

La condizione interferisce con i risultati scolastici, lavorativi o con la comunicazione sociale e deve essere presente da almeno un mese. In ultimo, l’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio, con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale.

Spesso tale disturbo si accompagna alla fobia scolare in quanto la scuola rappresenta il luogo per eccellenza in cui rischiare di fare una brutta figura e cadere nel ridicolo, ciò provoca sintomi fisici che si accompagnano all’ansia come mal di pancia, mal di testa, nausea e di conseguenza il tentativo di evitamento del contesto scolastico.

Il mutismo selettivo in classe: suggerimenti per gli insegnanti su come comunicare con il bambino

L’intervento terapeutico nei casi di MS deve necessariamente avvalersi della collaborazione di genitori e insegnanti. Per ottenere ciò, lo psicoterapeuta, deve prima di tutto fornire una corretta informazione sulla natura del MS e sul significato che il sintomo ha per la persona che ne soffre.

La mancata comprensione del MS come forma d’ansia di comunicazione, può portare al peggioramento e alla cronicizzazione dei sintomi.

Pertanto il primo livello d’intervento sta nell’aiutare le persone che circondano il bambino a cambiare atteggiamento nei suoi confronti, là dove tale atteggiamento non risulti adeguato.

L’insegnante ideale di un bambino con MS deve evidentemente comprendere gli elementi caratteristici di questo disturbo e dell’ansia grave del bambino, il quale si presenta immobile, senza espressione e incapace di instaurare una conversazione o giocare. L’adulto deve dare prova di apertura mentale e permettere al bambino di comunicare in modo non verbale. Il fatto che la comunicazione non verbale sia accettata e tollerata, alleggerisce la pressione sul bambino e lo rende consapevole di essere capito dall’insegnante.

Se ne viene data loro la possibilità, i bambini con MS diventano degli esperti in comunicazione non verbale, avvalendosi di svariate tecnichecome: battere con la punta del dito, fare dei segni, scrivere o fare dei movimenti molto complessi con le mani.

Con il passare del tempo, entrano in relazione con i compagni di classe con i quali riescono a comunicare e che a loro volta sviluppano una spiccata capacità di interpretare il linguaggio “non parlato” dei bambini silenziosi.

Cosa può fare l’insegnante per facilitare la “comunicazione silenziosa”?

Di seguito alcuni esempi di metodi semplici di comunicazione non verbale, che l’insegnante può impiegare per aiutare i bambini con MS:

  • uso di gesti convenzionali, come il pollice in alto (sì), il pollice in basso (no), il segno OK, ecc.
  • utilizzo di oggetti presenti in classe. Per esempio se il bambino ha bisogno di andare in bagno, se vuole mangiare qualcosa, ecc., si può usare un foglio già scritto o illustrato;
  • utilizzo di piccoli quaderni con delle parole o messaggi già scritti. Il bambino può girare le pagine per mostrare parole diverse quando ha bisogno di comunicare;
  • i bambini più grandi possono scrivere le risposte alle domande dell’insegnante sul quaderno o alla lavagna.

Il livello d’ansia del bambino è direttamente proporzionale alle sensazioni che prova nelle varie situazioni, pertanto l’uso di queste strategie gli permette di sentirsi più a suo agio in classe, soprattutto nelle iniziali fasi di conoscenza.

Compito dell’insegnante è anche quello di essere flessibile e capace di trovare le giuste metodologie per favorire l’apprendimento.

Presso il Centro La Trottola si strutturano interventi terapeutici nei casi di Mutismo Selettivo. Contattataci a: centrolatrottola@gmail.com oppure al 3312212505 per fissare il primo colloquio gratuito.

centrolatrottola

Ti è mai capitato di notare che alcune informazioni, come ad esempio il semplice elenco delle cose da fare in una giornata, restano ben impresse nella mente se prima le avevi scritte a mano?

Tracciare parole su carta utilizzando la propria grafia e digitare quelle stesse parole con l’ausilio di una tastiera sono attività di scrittura simili solo in apparenza. Il cervello, infatti, mette in atto processi differenti per ciascuna di queste operazioni.

Utilizzare un tablet, uno smartphone o un computer può risultare la scelta più indicata in tutti quei casi in cui, per diverse ragioni, sia necessario accorciare i tempi di raccolta dati, ad esempio servendosi della funzione di riempimento automatico o del microfono che converte i suoni in testo.

E’ utile anche quando si vuole snellire la procedura di verifica della correttezza ortografica, quando non si ha tempo di redigere una prima bozza e quando si vuole scrivere direttamente “in bella” (ricordi anche tu la famosa brutta copia che andava consegnata insieme alla versione, al tema o all’equazione?).
Certo è che scrivere a mano aiuta a ricordare meglio.

Mercoledì 26 settembre alle ore 20.30 Elisabetta e Marianna del Centro La Trottola di Verdellino parleranno anche di questo. Saranno ospiti a Comun Nuovo in occasione della serata informativa dedicata al mondo della scrittura manuale.

Da qualche anno a questa parte sono sempre più frequenti le diagnosi di Disgrafia, un disturbo specifico dell’apprendimento relativo all’acquisizione del gesto grafico.
I bambini, i ragazzi e gli adulti con diagnosi di disgrafia producono una scrittura scarsamente leggibile, faticosa e maldestra, talvolta eccessivamente lenta o troppo impulsiva.

Ma è bene chiarire che non tutte le brutte scritture sono per forza disgrafie. Al contrario, prensioni non propriamente ortodosse, posture scorrette e l’acquisizione di automatismi poco funzionali possono indurre in errore.
Può infatti accadere che una semplice fatica venga confusa con un disturbo vero e proprio.

CHE COSA STA SUCCEDENDO AI PICCOLI SCRITTORI IN ERBA?

Il tuo bambino si trova in difficoltà quando si tratta di fare i compiti, quando deve copiare un testo dalla lavagna o completare una scheda? Fatica a rileggere al compagno che è rimasto indietro ciò che ha appena scritto sul proprio quaderno? Riesce a capire le consegne per casa che lui stesso ha riportato sul suo diario?
Gli alunni e gli adulti degli anni duemila non sono diventati improvvisamente incapaci di scrivere a mano, così come i bambini di oggi, impropriamente definiti nativi digitali, non sono affatto inadatti per imparare a scrivere in corsivo.

In una bella intervista dello scorso febbraio apparsa su D Repubblica Daniele Novara, pedagogista, afferma:
“Il cervello dei bambini è quanto di più plastico e trasformabile l’uomo abbia a disposizione per adattarsi all’ambiente e alle sue richieste. I bambini hanno la possibilità di farcela se messi nelle condizioni di poter esprimere le loro potenzialità e compensare le competenze non ancora sviluppate”.

Tuttavia, a differenza di quanto accadeva in passato, l’insegnamento del gesto grafico è stato più volte rivoluzionato e reimpostato. Da quando calligrafia e, poi in seguito, bella scrittura hanno cessato di essere materie curricolari oggetto di valutazione, col passare degli anni si è dedicata sempre meno attenzione al metodo per l’avviamento al corsivo.

Se è vero che la scrittura è considerata un’abilità di base strumentale, è altrettanto vero che non è un’abilità innata. La scrittura non è un disegno libero, ma codificato.
Perché io possa acquisirne l’automatismo, devo prima interiorizzare le regole che presiedono alla corretta concatenazione di sequenze motorie, che danno poi luogo ai grafemi.

Capita spesso che, per timore di non riuscire a completare il programma, vengano saltati alcuni passaggi o che ci si concentri più sugli aspetti di forma che su quelli motori. Ma non possiamo scordare che la scrittura è innanzitutto movimento e che solo un gesto ben impostato produrrà senza fatica forme fluide e di agevole lettura.

IL FENOMENO DIGITALE E’ UNA GRANDE RISORSA MA, COME OGNI STRUMENTO, VA REGOLATO E GESTITO CON INTELLIGENZA E SENSO DI RESPONSABILITA’.

La parola all’esperta. Scrive la Grafologa Alessandra Venturelli: “Oggi si tende a pensare che la tecnologia digitale possa sostituire la scrittura manuale nella fase di apprendimento degli alunni, specialmente in presenza di disturbi specifici.

Tuttavia, le più recenti ricerche evidenziano che una mancata stimolazione di motricità fine, a casa come a scuola, non consente un adeguato sviluppo di aree del cervello importanti per la maturazione di diverse abilità e competenze.
Secondo una ricerca OCSE, ad esempio, nelle scuole in cui questa tecnologia è utilizzata in modo massiccio e sostitutivo, gli studenti presentano un rendimento minore in matematica, in scienze e in lettura*.

Non dimentichiamo peraltro che scrivere su una tastiera richiede una buona dissociazione delle dita e un allenamento specifico che può avvenire solo dopo aver acquisito le competenze di base”.

*Sul sito GIUNTI SCUOLA è possibile prendere visione della ricerca di cui sopra attraverso una lettura ragionata.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE IMPARARE A SCRIVERE A MANO

A quanto pare impugnare la penna è un vero toccasana per la nostra mente e anche le neuroscienze sono intervenute per dire la loro. Secondo la rivista Psychological Science scrivere a mano è un’attività preziosa e irrinunciabile, che sviluppa in primo luogo la memoria.

“Quando scriviamo, infatti, lo sguardo è puntato sulla mano che si muove sul foglio. La punta della penna è il luogo in cui convergono sia l’atto motorio che quello visivo. Se scriviamo al computer, invece, la mano corre sulla tastiera ma lo sguardo è rivolto al monitor: è proprio questa divergenza che può penalizzare la memoria, poiché diminuisce ciò che i neurologi chiamano integrazione multisensoriale. Se riusciamo a mettere insieme in una sola esperienza più stimoli di diverso tipo – visivi, auditivi, motori, tattili, olfattivi – i tempi di richiamo dei ricordi, e la loro qualità, possono essere migliori”, spiega a Repubblica Gabriella Bottini, docente di Neuropsicologia all’Università di Pavia.

Scrivere a mano stimola e migliora la concentrazione, la cognizione e la capacità di sintesi. Permette la rielaborazione degli stimoli, organizza la conoscenza e consolida ad un livello profondo l’informazione.

MAMME E PAPA’, ANCHE A CASA POTETE FAVORIRE LO SVILUPPO DELLE ABILITA’ GRAFOMOTORIE DIVERTENDOVI CON I VOSTRI PICCOLI.

Parliamone insieme: l’équipe del Centro La Trottola ti aspetta mercoledì 26 settembre alle ore 20.30 in Piazza Alcide De Gasperi a Comun Nuovo. L’incontro è rivolto a genitori, nonni, educatori, tutor DSA, insegnanti e a tutti coloro a cui sta a cuore l’apprendimento corretto della scrittura manuale.

Intervengono:
Marianna Ravazzini, Educatore del gesto grafico, esperta in grafia dell’età evolutiva, docente per l’avvio alla scrittura presso IBC SCHOOL, consulente e formatrice didattica MIUR presso A.D.S.A.T.
Elisabetta Boschini, Psicologa dell’età evolutiva, esperta in Neuropsicologia.

L’incontro è gratuito ma per garantire il miglior servizio è richiesta l’iscrizione contattando il numero 349 4414194 o scrivendo un’e-mail indicando il numero dei partecipanti.
E’ inoltre possibile prenotarsi chiamando direttamente in Comune.

Le strategie che in questi casi si possono adottare per dare una mano a chi desidera ricevere aiuto sono tante. Non perdere questa nuova occasione di confronto e di scambio. Ti aspettiamo!