DIPENDENZA DAI VIDEOGIOCHI: QUANDO È UNA CATTIVA ABITUDINE O UNA PATOLOGIA CONCLAMATA?

dipendenza da videogiochi

L’arrivo del Covid-19, e le conseguenti limitazioni sul piano relazionale, hanno reso la vita quotidiana scevra di tutte quelle attività che un tempo riempivano lo spazio del dopo-lavoro o il fine settimana.

Per coloro che sono poco avvezzi ad attività casalinghe come cucinare, dipingere, leggere o svolgere piccoli lavori manuali, il tempo libero è diventato un tempo vuoto che necessita di essere “riempito” con l’intrattenimento televisivo o i videogiochi.

La mancata possibilità di svolgere attività sportive o di aggregazione, grava soprattutto sugli adolescenti, i quali, una volta terminate le incombenze scolastiche, riversano la maggior parte del tempo a disposizione navigando in internet o giocando con i videogiochi.

A lanciare l’allarme sull’eccesivo uso dei giochi online sono i genitori, che quotidianamente devono gestire situazioni conflittuali generate dal tentativo di interrompere l’attività di gioco nei momenti del pasto o per recarsi a dormire.

DIPENDENZA DA INTERNET E DAI VIDEOGIOCHI: LO STATO DELL’ARTE.

Attualmente il Disturbo da dipendenza da internet e videogiochi non è ancora ampiamente riconosciuto; nel DSMV (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) figura l’Internet Gaming Disorder come “condizione da studiare”, ovvero come una problematica comportamentale che ancora non ha una sua identità in termini di specifici strumenti diagnostici e sintomatologia.

Alcuni studiosi indicano la dipendenza da videogiochi come un particolare tipo di disturbo ossessivo-compulsivo che si manifesta con sintomi quali: desiderio irrefrenabile di connettersi al videogioco, chattare o fare acquisti che potrebbero incrementare le potenzialità di vittoria. Quando il soggetto è costretto a fare a meno del videogioco diventa irritabile, nervoso e agitato e può facilmente cadere in forme di depressione: una vera e propria sindrome da astinenza.

TUTTI GLI ADOLESCENTI RISCHIANO DI DIVENTARE DIPENDENTI DAI VIDEOGIOCHI?

Non tutti i ragazzi rischiano di sviluppare una dipendenza da videogiochi; secondo Siracusano e coll. (1997) i soggetti più a rischio hanno un’età compresa tra 15 e 40 anni, con difficoltà comunicative per problemi psicologici, psichiatrici, familiari e relazionali. Le personalità più vulnerabili sono caratterizzate da tratti ossessivo-compulsivi e/o tendenti al ritiro sociale, con aspetti di inibizione nei rapporti interpersonali. Per esse internet e i videogiochi rappresentano un tipo di comportamento di evitamento, tramite il quale il soggetto non affronta le proprie problematiche esistenziali.

Secondo altri studiosi si possono distinguere due tipi di personalità dipendenti:

  • gli Internet Addicted con patologia pregressa (ad esempio con disturbi nell’area affettiva e tratti ossessivo-compulsivi)
  • gli Internet Addicted senza patologia pregressa, per i quali il rischio psicopatologico deriva dalle caratteristiche stesse del videogioco che inducono il soggetto a sperimentare vissuti di onnipotenza. La sperimentazione di sé nel ruolo di giocatore porta alla costruzione di un’identità virtuale che in alcuni casi è più gratificante rispetto a quella reale. Ciò induce il ragazzo a rifugiarsi nel videogioco per sfuggire da una realtà in cui si sente inadeguato.

IL VIDEOGIOCO PER GLI ADOLESCENTI DI OGGI: QUANDO RICONOSCERE IL PROBLEMA

“Non posso uscire con gli amici, non posso fare sport in casa e quando finisco i compiti non ho voglia di mettermi di nuovo a leggere. Il videogioco è l’unica cosa che mi permette di stare in contatto con i miei amici facendo qualcosa di divertente”.

Quando sento queste parole da parte dei miei pazienti adolescenti, mi domando: dove si trova il limite tra il comportamento di un dipendente da videogiochi e un normale adolescente, che cerca di soddisfare il suo bisogno di socialità adattandosi alle restrizioni attuali?

La situazione va indagata nel dettaglio: come dobbiamo considerare un adolescente che trova nel videogioco un’occasione di condivisione con gli amici, o un altro che attraverso l’utilizzo degli sport elettronici si allena meticolosamente a gareggiare?

Ogni comportamento va considerato problematico solo quando interferisce significativamente con la vita scolastica/lavorativa e relazionale. Se il ragazzo va bene a scuola, coltiva degli hobbies ed esce con gli amici quando ne ha la possibilità, anche se gioca molto e con passione, non ha alcun problema di dipendenza. Così come non c’è da preoccuparsi se per qualche giorno resta chiuso in casa con il nuovo videogioco: come per ogni cosa, l’infatuazione sfuma presto.

Il problema sorge quando il gioco diventa totalizzante, sostiene Giuseppe Riva, e per evitarlo è necessario dargli una cornice temporale, uno spazio definito (per esempio permettere il gioco dalle 17 alle 19, ogni giorno). L’importante non è proibire, ma definire spazi e tempi.

Quando il problema sembra esserci, bisogna chiedersi da dove nasce: è per sfuggire alla noia? Per placare l’ansia? Se il coinvolgimento eccessivo non è una mera passione, ma il ragazzo prova disagio verso il gioco, o sta male quando non può giocare, bisogna chiedersi che cosa non va e parlarne con lui.

Per richiedere una consulenza sul tema della dipendenza dai videogiochi, non esitare a contattarci scrivendo a centrolatrottola@gmail.com

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