IL BILINGUISMO: SIGNIFICATO E BENEFICI DEL PARLARE PIÙ LINGUE

bilinguismo

Nel panorama italiano sono sempre più numerosi i bambini che imparano l’italiano come seconda lingua (L2), in quanto la lingua parlata nel contesto familiare è diversa dall’italiano (L1). È sempre più frequente trovare nelle scuole classi multietniche e bambini plurilingue. Ma cosa significa essere bilingue? Esistono definizioni diverse a seconda delle quali nascono condizioni diverse di bilinguismo. In questo articolo per “bilinguismo” si intende la capacità di usare correttamente almeno due lingue, questo significa parlare due lingue allo stesso modo, con le medesime competenze dal punto di vista lessicale, grammaticale e morfosintattico.

Se consideriamo questa definizione, coloro che possono essere definiti bilingue sono una piccola parte della popolazione, in quanto, per la maggior parte delle persone, vi sarà sempre una lingua in cui la competenza linguistica, grammaticale e morfosintattica è maggiore rispetto all’altra lingua.

Cosa serve ad un bambino per essere definito bilingue? È sufficiente farlo giocare con il tablet o ascoltare canzoni in un’altra lingua? Il bambino per crescere bilingue ha bisogno di tre cose:

  1. TEMPO: in termini di quantità di esposizione ad entrambe le lingue (almeno 2 anni per almeno il 30% del tempo);
  2. CORRETTEZZA: in termini di input linguistico corretto;
  3. RICCHEZZA: in termini di interazione linguistica diversificata. Il linguaggio usato per esempio nel solo contesto domestico è per il bambino poco ricco e diversificato in quanto basato sui medesimi argomenti e routine. Un modo utile per diversificarlo? Leggere dei libri insieme al vostro bambino. Questo permette di proiettare il bambino in nuovi mondi, scoprire nuove parole e apprendere più rapidamente.

Ma, vi siete mai chiesti quante tipologie di bilinguismo esistano?

Possiamo classificare il bilinguismo in relazione a diversi criteri:

  • Età di esposizione: in relazione a questa variabile possiamo distinguere in bilinguismo simultaneo e sequenziale. Il bilinguismo è di tipo simultaneo quando un bambino è esposto contemporaneamente ad entrambe le lingue, ad esempio quando la madre parla italiano e il papà inglese. In questo caso si parla di “un genitore una lingua”, ovvero ognuno dei genitori parla al bambino con la sua lingua madre. Il bilinguismo è invece sequenziale quando il bambino è esposto prima ad una lingua e successivamente ad un’altra, è il caso per esempio di famiglie che si trasferiscono in un altro paese. Il bilinguismo sequenziale si suddivide a sua volta in intermedio e tardivo. Il primo si verifica quando il bambino viene esposto alla seconda lingua prima degli 8/10 anni, mentre il secondo quando il bambino è esposto alla seconda lingua oltre tale termine. Perché è così importante questo limite cronologico? I bambini bilingue simultanei e sequenziali intermedi avranno le medesime abilità di un madrelingua, mentre un bambino bilingue sequenziale tardivo differirà rispetto ad un madrelingua in almeno due domini importanti, quali pronuncia e grammatica. Pensiamo ad esempio a Belen, da tanti anni in Italia, eppure con un marcato accento spagnolo che non sfugge ad un parlatore madrelingua italiano. Questo perché l’esposizione della modella all’italiano è avvenuto oltre gli 8/10 anni, e quindi i domini pronuncia e grammatica non sono stati acquisiti nella giusta finestra temporale per poter essere paragonati a quelli di un madrelingua.
  • Bravura: in questo caso si parla di bilinguismo dominante e bilanciato. Il primo si verifica quando una persona conosce molto bene L1, ma meno bene L2. Accade in tutti i quei casi in cui la seconda lingua (L2) viene appresa in contesto scolastico senza poi usufruirne in quotidiano. Un bilingue bilanciato ha padronanza invece di entrambe le lingue.
  • Percezione sociale delle lingue: se una lingua ci eleva a livello sociale, sposo quella lingua che diventa la mia lingua principale (da L2 diventa L1), e smetto di usare la mia lingua di origine (L1). Si parla in questo caso di bilinguismo sottrattivo, ove la lingua appresa rovina in modo parassitario la mia lingua di origine. All’opposto troviamo il bilinguismo adattivo dove la seconda lingua aumenta invece le mie capacità e conoscenze.

Abbiamo quindi capito che il bilingue è colui che usa e conosce due o più lingue. Il dialetto può essere considerato come una seconda lingua? Ebbene si, i dialetti a livello cognitivo possono essere considerati come una lingua, anche se il dialetto in questione non ha una letteratura a supportarlo. Se una lingua è presente nella nostra testa e dobbiamo scegliere tra una lingua o un’altra durante una conversazione, allora può essere considerato bilinguismo.

Durante la mia attività lavorativa spesso mi è stato chiesto se un bambino bilingue è più intelligente di un bambino monolingue. Tale domanda ha poco senso, in quanto a livello intellettivo non esistono differenze tra monolingue o bilingue, la vera differenza si riscontra invece a livello cognitivo. Bambini bilingue mostrano maggiore capacità attentiva, mnestica, flessibilità cognitiva (capacità di passare da un compito all’altro modificando la consegna), acquisiscono parole in modo più rapido, risolvono problemi più rapidamente, migliore abilità uditive e di generalizzazione. A prescindere dalla lingua, i bambini bilingue mostrano tutte questa abilità potenziate.

Inoltre, ci sono studi in letteratura che mostrano come i bilingue sviluppino malattie degenerative in modo ritardato rispetto ad un monolingue. Quello che si osserva a livello cerebrale è una maggiore rete di collegamenti neuronali, nonché un’iperattivazione di alcune aree cerebrali che non si verifica in persone monolingue. Avendo più reti neurali possiedono una ridondanza neurale, questo significa che più neuroni svolgono la medesima attività, e in malattie degenerative come l’Alzheimer che va a distruggere i neuroni, possederne di più permette di affrontare meglio la malattia e di svilupparla più tardivamente (si parla di addirittura 5 anni!).

Spesso capita di imbattersi in genitori titubanti sul fatto di parlare la lingua d’origine al bambino, perché “altrimenti resta indietro, impara più lentamente, parla più tardi”. In realtà il bambino bilingue produce le prime parole nelle stesse tempistiche di un bambino monolingue, apprende più facilmente lingue nuove e sviluppa in modo più potenziato tutte le abilità di cui abbiamo parlato precedentemente.

Ma se il mio bambino ha un disturbo di linguaggio è colpa del bilinguismo? La risposta è no! Non esiste questo meccanismo causa effetto, quindi se un bambino è bilingue questo NON è la CAUSA del suo ritardo o disturbo di linguaggio, e non incide sulle tappe di sviluppo linguistico.

Questo significa che se il mio bambino è bilingue non avrà difficoltà linguistiche? No, o almeno non è detto. Ogni caso va valutato a sé, se sospettate un ritardo di linguaggio o avete qualche dubbio su come rapportarvi al vostro bambino bilingue, mi trovate in via Enrico Fermi 10, presso il Centro La Trottola, vi aspetto!

Dott.ssa Logopedista Valsecchi Nicole

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